Dirigismo e liberalizzazioni per lo sviluppo del Paese

 

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Si ha talvolta l’impressione che in questo grande Paese, l’Italia, non riusciamo a fare le cose in un’ottica generale. Non riusciamo cioè, diversamente da quanto andiamo singolarmente predicando, a fare sistema in un’ottica seriamente strategica.

Prendiamo due esempi: la Tav e le banche.

È interessante come in Italia ci sia un abuso dell’aggettivo strategico. L’abbiamo per esempio sentito in quest’ultima settimana parecchie volte pronunciare da chi, essendo stato chiamato a ricoprire incarichi di governo, sta con tutto l’impegno possibile provando a prendere nelle sue mani le sorti del paese cercando di fargli fare un passo avanti. Ma nessuno può però impedire che io cittadino mi chieda perchè la Tav è strategica per il Paese. Ed esplicito meglio il mio quesito.

Qual è il piano di trasporti del Paese da qui ai prossimi 10 o 20 anni nel contesto europeo? Perchè un piano esiste, mi auguro. E se davvero questo piano esistesse, non sarebbe il caso, con trasparenza, in accordo con le migliori consuetudini democratiche a cui il paese sa ispirarsi, di tirarlo fuori e farlo conoscere all’opinione pubblica italiana?  Perchè forse una maggiore trasparenza aiuterebbe tutti a capire meglio, a inquadrare la questione e probabilmente creerebbe meno disordini sociali, costerebbe meno denaro in termini di sorveglianza delle forze dell’ordine e in termini di rischio di sacrifici di vite umane. Se invece un piano per i trasporti non esistesse allora la situazione sarebbe grave e forse un paese che sta cercando faticosamente di rinascere dovrebbe cominciare dall’avere una visione strategica delle opere pubbliche come la Tav. Perchè senza un piano strategico risulta difficile per me cittadino senza pregiudizi ideologici, che ripudia ogni forma di violenza, farmi un’idea precisa di cosa sia giusto e meglio per il sistema Paese Italia e per i suoi cittadini. E senza un piano strategico di lunga visione diventa difficile anche per chi sta provando a governarci capire se ciò che si sostiene sia davvero il meglio.

Certo Monti ha fatto venerdì un passo importante prendendo in mano la questione e dicendo che la Tav ha il suo ruolo nella collocazione internazionale ed europea del paese. E da Monti, che è al governo da poco più di 100 giorni non si può pure pretendere un piano per i trasporti. Ma per il futuro sarebbe opportuno che tutti conoscessimo il progetto e la visione all’interno della quale le grandi infrastrutture sono collocate.

Ciò che sta succedendo in questi giorni nel mondo bancario è francamente incomprensibile. Le banche italiane che per anni hanno goduto di condizioni di mercato assolutamente asimmetriche rispetto ai loro clienti oggi alzano la voce e protestano. Il presidente dell’Abi era seduto a tutti i tavoli delle forze sociali da luglio 2011 in poi, rimproverando, giustamente, il governo Berlusconi per la sua inefficienza e incapacità di salvare il paese modernizzandolo. Oggi Giuseppe Mussari guida le banche ad un atteggiamento come quello dei tanto vituperati avvocati che si lamentano per l’abrogazione delle tariffe minime. Forse dalle banche ci si aspetterebbe un po’ più di senso di responsabilità nel far ripartire il paese dando credito alle imprese e ai privati. E le banche non dovrebbero troppo lamentarsi visti i costi dei conti correnti italiani zeppi di commissioni che in altri paesi europei come Francia e Inghilterra non esistono.

 Forse in questo momento storico oltre a liberalizzare il mercato spingendolo verso condizioni di competitività aperte e meritocratiche, bisognerebbe recuperare, anche con le banche, un po’ di sano dirigismo statale, orientando l’azione delle istituzioni finanziarie del paese al sostegno della crescita, con prestiti alle imprese e mutui ai privati, più frequenti e meno cari.  Sarebbe un buon modo per far ripartire il paese, per dare l’esempio a tutte le categorie che si oppongono alle liberalizzazioni, come tassisti, farmacisti e professionisti, e per la costruzione di un sistema paese che privilegi lo sviluppo e la crescita di tanti, attraverso politiche di ridistribuzione della ricchezza e di maggiore equità nelle opportunità.

 

 

Aldo Scaringella, redazione fareCentro

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