Afghanistan – Meno truppe sul campo, più fondi e istruttori. L’Italia resterà decisiva

 

medici-bakwa Afghanistan/ Gen. Battisti: Meno truppe, più fondi e istruttori. Intervista all’ufficiale italiano: “L’Italia resterà decisiva”

La Nato volta pagina in Afghanistan e anche l’Italia si appresta a rivedere il proprio contributo: manderemo fondi e istruttori al posto delle unità combattenti. Ad anticiparlo è il generale Giorgio Battisti, capo della Forza di reazione rapida dell’Alleanza atlantica, che dall’inizio del 2013 sarà a Kabul come capo di stato maggiore dell’Isaf agli ordini del comandante John Allen.

Al summit di Chicago la Nato guarda oltre l’orizzonte del ritiro previsto nel 2014. Ma quale sarà il ruolo delle truppe Isaf nei prossimi due anni?
«La missione Isaf è adesso nella fase della transizione. Al vertice della Nato di Lisbona, nel 2010, la scelta fu di ritirarsi entroil 2014, quando gli afghani avranno assunto il controllo del territorio. La transizione dunque è graduale. Non abbandoneremo il Paese a se stesso e parte delle truppe resteranno dopo il 2014 ma con compiti diversi. Al momento ciò che avviene è la sostituzione delle missioni di combattimento
con quelle di addestramento degli afghani».

Come cambieranno le mansioni del contingente italiano?
«L’obiettivo di lungo termine delle forze italiane resta di dare stabilità allMghanistan. Intendiamo proseguire
tale missione dopo il 2014 con un impegno su due fronti: il sostegno finanziario alle truppe afghane e un contingente militare per l’assistenza tecnica alle stesse truppe. La base di tutto è l’accordo firmato da Italia e Afghanistan in gennaio».

A quali rischi andremo incontro con la nuova missione?
«Sarebbe utopico pensare che non ce ne siano e che non ce ne saranno nel prossimo futuro. La collaborazione fra i nostri reparti e le truppe afghane dà molto fastidio ai taleban».

Che cosa c’è dietro i recenti, ripetuti, attacchi contro i nostri soldati in Afghanistan?
«Il motivo per cui ci attaccano sono proprio i progressi della nostra cooperazione militare congli afghani. Per i taleban è la minaccia più seria. Ora più che mai non dobbiamo farci piegare da tali fiammate, possiamo domarle con una più penetrante collaborazione con gli afghani».

Come cambia la minaccia dei taleban?
«Quanto avvenuto negli ultimi tempi lo descrive assai bene. I taleban non sono più in grado di mettere a segno operazioni militari e dunque tornano a praticare il terrorismo. I colpi che hanno subito sono stati molto duri e dunque rispolverano la formula degli attentati per tentare di ostacolare la transizione. È una dimostrazione di debolezza ma ci pone una sfida alla sicurezza a cui risponderemo seriamente».

Washington sta chiedendo agli alleati contributi finanziari per il dopo-ritiro, quale è la loro reale importanza?
«Al summit di Chicago la Nato proporrà una strategia concreta, realistica per il dopo-2014 e ciò comporta un necessario piano di sostegno finanziario. Ci si attende che molti capi di Stato e di governo annuncino ufficialmente il proprio livello di contributo».

La formula «5mart Defense», che la Nato si awia ad approvare, chiede agli alleati una maggiore assunzione di responsabilità. Cosa può comportare per l’Italia?
«Il vertice di Chicago vede la conferma della sacralità del vincolo transatlantico affiancata a una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Europa, sullabase di un’equa suddivisione degli oneri con gli Stati Uniti. In tale cornice l’Italia guarda all’Unione Europea come fonte di sicurezza e difesa secondo criteri di complementarietà, e non di duplicazione, con la Nato».

Lei guidà la forza di reazione rapida della Nato in una stagione che vede le truppe speciali impegnate in zone di guerra sempre di più rispetto ai reparti tradizionali. Come sta cambiando la natura militare dei reparti dell’Alleanza?
«Ogni epoca ha i propri tipi di guerre, .armamenti e forze. La campagna afghana ci ha imposto di ricorrere in maniera massiccia a intelligence e forze capaci di operare in tempi molto stretti e a lungo raggio, tanto da sole che nell’ambito di operazioni multinazionali. Sono queste forze a guidare le operazioni di controinsurrezione, grazie- al fatto di avere equipaggiamenti adeguati».

 

Mo. M., La Stampa

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