BAGNASCO: RISTRUTTURARE, MA FARE ANCHE SVILUPPO

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Scende in piazza nel giorno di San Giuseppe, patrono del lavoro, Genova «la rossa», unica grande città bloccata dalle manifestazioni contro la riforma del mercato del lavoro del ministro Elsa Fornero e a difesa dell’articolo 18 e degli ammortizzatori sociali.

Vertice debole del triangolo industriale, capitale del lavoro che non c’è (più), terra di disoccupazione giovanile a livelli meridionali, il capoluogo ligure sta vivendo l’ennesima crisi del suo apparato produttivo: Fincantieri che non dà prospettive alla fabbrica di Sestri Ponente, Finmeccanica che vuole cedere i gioiellini Ansaldo Energia e Ansaldo Sts per far cassa e progetta di trasferire a Roma il cervello di Selex alla fine di un processo di ristrutturazione e accorpamenti lacrime e sangue. Il porto incerto fra rilancio e ripiegamento, con la grande incognita del futuro di Costa Crociere dopo il dramma della Concordia. Il sogno della città tecnologica agli Erzelli che segna il passo per le insipienze cittadine e gli stop del neo ministro Profumo.

Tutti temi che nel pomeriggio il cardinale Angelo Bagnasco tocca nella sua durissima e lucida omelia in cattedrale durante la celebrazione della pastorale del lavoro.

Così le Rsu della Fiom portano in strada 5 mila lavoratori in mattinata e un migliaio il pomeriggio nelle grandi fabbriche a ciclo continuo che applicano il secondo turno. Traffico impazzito in città, fra cortei e blocchi stradali, soprattutto nel ponente operaio, a Sestri Ponente, Cornigliano e Sampierdarena, con il principale casello autostradale, Genova Ovest, bloccato per un paio d’ore.

Il corteo della mattina, da Sestri e Cornigliano in direzione centro città, vede confluire i lavoratori di Fincantieri, Ansaldo Energia, Ilva, Elsag, Selex, Ansaldo Sts, Piaggio, Fisia Italimpianti ed Esaote. «Non capiamo come si possa pensare che toccando l’articolo 18 ci sia sviluppo e si aumenti la produttività delle aziende in crisi – spiega il segretario della Fiom genovese, Franco Grondona -. Un governo di tecnici dovrebbe essere in grado di spiegare qual è la relazione tra la mancanza di lavoro e la libertà di licenziare in modo discrezionale».

Di diverso avviso la Uilm. «La Fiom genovese a senso unico ha indetto l’ennesimo sciopero per fini politici – recita una nota – Invece di capire, ragionare e far svolgere la trattativa a favore degli interessi dei lavoratori, indice l’ennesimo sciopero infruttifero».

Dal pulpito in cattedrale, il cardinale Bagnasco, che sempre più va caratterizzando la propria opera pastorale sui temi del lavoro e del sociale, nel solco del suo grande maestro e predecessore Giuseppe Siri, sferza la città: i politici, le aziende, ma anche i sindacati e i movimenti che sono rimasti ancorati alle logiche del no a ogni innovazione. «Si dice che bisogna ristrutturare le aziende, e questo spesso è vero. Ma la ristrutturazione in sé, senza cercare commesse in Italia e per il mondo, non crea lavoro», dice l’arcivescovo di Genova e presidente della Cei. E ancora: «Si dice che è importante non perdere posti di lavoro. Ma se la testa di un’azienda emigra, il resto del corpo quanto potrà resistere?».

Insiste il cardinale: «E’ tempo di dismettere i vecchi modi di pensare e i vecchi costumi, perché affossano Genova e i suoi figli». E spiega: «Se ogni progetto di sviluppo deve attendere tempi irragionevoli, consensi apparenti e resistenze reali in nome di alternative ipotetiche, pretestuose o tardive, allora la Città perde opportunità concrete di lavoro». Basta, dunque, «con i no pregiudiziali». Per creare futuro, conclude Bagnasco, «dobbiamo mettere in conto anche eventuali disagi temporanei».

 

Teodoro Chiarelli, La Stampa

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