Codici etici anticorruzione per gli appalti e i funzionari

Cancellieri-interpool Il ministro Cancellieri all’inaugurazione della Assemblea dell’Interpol a Roma

Combattere la criminalità globalizzata va bene, ma diamo anche uno sguardo al cortile di casa nostra, dove il pozzo nero della corruzione sprofonda il Paese ai confini dell’Occidente.

L’allarme è suonato due settimane fa nel Rapporto sulla corruzione della commissione nominata dal ministro della Pubblica amministrazione, che riprende Transparency International e la graduatoria dove l’Italia è al 69esimo posto, a pari merito con Ghana e Macedonia. E adesso quell’sos è rilanciato dal ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, all’Assemblea generale dell’Interpol, da ieri in corso nel superblindato Hotel Rome Cavalieri Waldorf Astoria.

«Servono codici etici – dice la titolare del Viminale – che coinvolgano in primis gli apparati pubblici, ma anche tutta la società civile e codici antimafia, cioé regole e controlli rivolti a impedire l’infiltrazione criminale degli appalti pubblici, sanzioni contro i funzionari corrotti, nonché tutele e misure premiali per chi li denuncia». Ma non basta. «Occorre una profonda riorganizzazione dei processi decisionali interni pubblici in chiave di prevenzione della corruzione. Misure come queste – sottolinea il ministro- riducono lo spazio di manovra della criminalità organizzata e quindi diminuiscono il tasso di violenza da essa generato». Sì, c’è un filo nero che lega corrotti e “mariuoli” del Belpaese al riciclaggio dei cartelli criminali. Uno scenario dove l’Italia offre solo l’imbarazzo della scelta, su ambo i poli del malaffare.

«La lotta alla criminalità in tutte le sue forme – scrive il premier Monti nel messaggio all’Assemblea- è una priorità di tutti i governi che nel mondo globalizzato devono sempre più cooperare a livello internazionale per combattere terrorismo, crimine organizzato, tratta degli esseri umani».

Primo punto: sulla Terra ne muoiono molti più per mano del crimine che delle guerre. Ogni anno 500 mila persone ci rimettono le penne a causa di atti di violenza, e di queste solo una su 10 in luoghi di conflitto, mentre il resto è per delinquenza ed terrorismo. E tanto per cominciare «criminalità e terrorismo sono collegati reciprocamente in varie parti del mondo – afferma la Cancellieri-. La criminalità ha rapporti d’affari con il terrorismo e le organizzazioni terroristiche adottano pratiche tipiche della criminalità». Come nella teoria dei vasi comunicanti «la direzione di questa influenza reciproca è una spirale negativa inclinata nel senso di una ulteriore escalation di piú violenza, piú conflittualità e più instabilità».

Inoltre nell’era moderna «la lotta degli Stati contro la criminalità è complicata da una asimmetria ben nota: gli Stati sono limitati da giurisdizioni nazionali, i criminali no». Omogeneizzare codici e legislazioni è la vecchia utopia degli apparati di sicurezza di tutto il globo. Si riparte da qui. Un’urgenza, «giacché la criminalità è abilissima a diffondersi al di là dei confini nazionali e ad individuare, ovunque si presentino, opportunità di business e nuove tattiche per sfuggire all’azione delle forze di polizia».

La parola d’ordine resta «cooperazione internazionale». Tra gli strumenti, «avere informazioni precise, affidabili e in tempo reale, è cruciale per l’individuazione e l’arresto di criminali e latitanti. Ecco perché è interesse di tutti che Interpol continui ad ampliare le sue base dati, e ne incrementi la fruitività a fini investigativi».

In cima all’agenda c’è la sorveglianza del web, sul crinale tra diritti inviolabili e cyber-minacce : occorre «vigilare affinché mezzi di libertà come Internet non si trasformino in congegni del terrorismo e dell’eversione violenta». Allargare le frontiere della prevenzione, mentre per la repressione è fondamentale «attaccare la potenza finanziaria» della criminalità. «Perduti gli asset finanziari – insite la Cancellieri – si sgretolano solidarietà e complicità, diminuisce la capacità corruttiva e, cosa essenziale per l’affermazione della cultura della legalità, si attesta l’idea che il crimine non paga».

La guerra al crimine del terzo millennio impone risposte adeguate, in un mondo in cui la simultaneità è la cifra dominante. Servono «piattaforme tecniche di comunicazione – ricorda il ministro – per lo scambio info-investigativo tra gli operatori del sistema, a partire dalla fondamentale rete I-24/7 a cui l’Italia fornisce un contributo significativo». Che può tornare utile anche per scoprire le rotte del malaffare nostrano, dove voraci politici e broker del crimine 2.0 assomigliano sempre più a “compagni di merende”.

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