I diritti meritano maggiori tutele: non sono merci

Alpa Guido

 

Il 23 e il 24 marzo l’Avvocatura si è riunita a congresso a Milano. Il Consiglio nazionale forense con i rappresentanti dei 165 ordini distrettuali e territoriali, le Unioni regionali, l’Organismo unitario del l’Avvocatura, con i suoi delegati, le Associazioni più rappresentative discuteranno tre temi centrali nella congiuntura attuale: il ruolo dell’Avvocatura a difesa dei diritti e degli interessi dei cittadini, la specialità della professione forense rispetto alle altre professioni nel quadro normativo complessivo, la previdenza forense e la difesa del ruolo, del sistema e degli asset della Cassa forense.

È stato un congresso straordinario che si situa in un momento particolare, dopo il congresso ordinario che si tenne a Genova nel novembre del 2010 e in vista del congresso ordinario che si terrà a Bari nel prossimo novembre. 

A Genova si era discusso dei diritti fondamentali e del ruolo sociale dell’Avvocatura insieme ai principi cardine dell’assetto professionale. Oggi il titolo è un po’ ad effetto ma certamente pregnante: «I diritti non sono merce». Sono gli avvocati, difensori dei diritti nello Stato democratico, a ricordare che la globalizazione economica non può travolgere i diritti delle persone, specie là dove essi vantano una risalente tradizione, tanto da costituire la cifra più significativa del modello storico politico dell’Occidente.

Neppure la grave crisi che ha colpito l’intero globo e il nostro Paese può giustificarne l’abbandono. Anzi. Proprio quando si è voluto discostarsi da quel modello dando la prevalenza ai valori dell’economia si è verificato il disastro: le lacune del diritto consentite da una concezione liberista del mercato del tutto indifferente ai diritti umani e patrimoniali degli individui hanno condotto alla drammatica situazione in cui siamo costretti a vivere, una sorta di rivoluzione non dettata dalla politica, non dettata dalle rivendicazioni sociali ma voluta da chi tiene i fili del mercato finanziario. Questa matrice economico-finanziaria, dovuta agli errori degli economisti e dei poteri forti decisi a non prevenire il credit cranch ed ora indecisi sui rimedi da introdurre, ha avuto precedenti nella storia umana da cui si è saputo uscire con il recupero dei valori di una democrazia condivisa, partecipata, verificata, fondata sul diritto e sui diritti.

I diritti non sono merce perché non possono essere parificati alle merci, ai servizi e ai capitali. L’Europa dei diritti non impone liberalizzazioni selvagge, e chi sostiene che le misure diverse da quelle necessarie a ridurre il debito pubblico e a rilanciare l’economia sono dettate dall’Europa mente sapendo di mentire. I diritti non sono merce perché non sono oggetto di scambio, non possono essere inscatolati in formule processuali compresse come se fossero rinchiusi dentro una bottiglia. I diritti non sono merce perché non possono essere sviliti od ostacolati da alti costi di accesso alla giustizia o affidati a procedimenti coattivi di conciliazione per di più amministrati da persone non competenti. I diritti non sono merce perché non possono essere difesi da avvocati asserviti a società di capitali. I diritti non sono merce perché non possono essere trasportati da presidi giudiziari territoriali a centri di smistamento regionali o provinciali senza adeguate garanzie.

Ecco perché l’Avvocatura unita lancia un grido d’allarme alle istituzioni, ai rappresentanti del Parlamento e a tutti i cittadini: non si possono fare riforme della giustizia e riforme dell’Avvocatura senza la partecipazione degli avvocati. La giustizia è una funzione insopprimibile dello Stato e il suo sistema di amministrazione non si può smembrare o svuotare come se fosse un magazzino di merce avariata.

L’Avvocatura deve rimanere indipendente e autonoma per poter assolvere il suo compito costituzionale. Chi colpisce i difensori dei diritti colpisce i diritti. E quindi riduce il tasso di democrazia.

La concorrenza nel settore dei servizi degli avvocati è già realtà. Andare oltre significa adottare misure contrarie al principio di proporzionalità e di sussidiarietà. Andare oltre significa colpire le comunità intermedie, gli ordini forensi con cui l’Avvocatura si autogoverna in virtù della sua autonomia. Andare oltre significa mercificare ogni rapporto, privilegiare il più forte contro il più debole, il più ricco contro il più povero, significa in altri termini mettere a repentaglio i valori della Costituzione, della Carta di Nizza, delle società libere. Dobbiamo reagire alla crisi con impegno, con sacrifico, ma a patto di salvare i diritti e con essi la nostra tradizione democratica.

Guido Alpa, Presidente Consiglio nazionale forense

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