Il ruolo attuale delle formazioni sociali – Problemi e prospettive

Eptaforum – Roma 26.11.11

Giampaolo Rossi

(sintesi dell’intervento)

Molto spesso si parla del ruolo delle formazioni sociali collocando il problema al di fuori del tempo e dello spazio, come se si trattasse solo di rispolverare e attuare il bagaglio culturale da tempo consolidato.

Il tema è tornato di attualità perché:

– si pensa che vada snellita la sfera pubblica, mantenendo gli alti livelli di soddisfacimento dei bisogni e trasferendo al “terzo settore” zone attualmente occupata dal “pubblico”

– le forze politiche cercano il sostegno delle formazioni sociali per ricreare un rapporto con la società civile, che si è logorato.

Si pensa, quindi, che si debba dare attuazione all’art. 118, 4 c. della Costituzione (“Lo Stato, le Regioni, le Città metropolitane, le Province e i Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà”) e anzi si propone di rafforzarlo sostituendo “favoriscono” con “garantiscono”.

Ma qui viene, appunto, la necessità di contestualizzare questi orientamenti.

In sintesi:

– i “corpi intermedi”non possono non risentire della crisi degli ordinamenti generali, non perché dipendano da questi ma perché l’attività sociale è resa difficile dalla debolezza del quadro complessivo . Ciò, in particolare, perché la crisi fiscale degli Stati è determinata da un eccesso di diritti rispetto alla possibilità di soddisfarli;

– i livelli del “pubblico” sono eccessivi: allo Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni vanno aggiunti l’Unione europea e tutti gli “altri enti locali”. Lo spazio del “pubblico” è pesante ed è occupato dalla politica e non è pensabile che si riduca per propria iniziativa;

– la società del benessere ha comportato il passaggio dal personalismo all’individualismo; le “comunità” sono scomparse o sono deboli; vi è stata una caduta degli stimoli alla partecipazione; sono più forti le tendenze “neocatacombali”, una sorta di intimismo spirituale che crea isolamento invece che comunicazione;

– molte forze sociali si sono burocratizzate; è demagogico dire che fanno l’interesse degli organizzatori anziché quello degli organizzati ma certamente fanno quello degli organizzati a discapito di quello dei non organizzati, creando così altre chiusure.

– Le società che si creano tramite internet restano occasionali e fragili e non creano quel rapporto che è alla base della socialità.

– È semplicistico quindi pensare che esista una società sana contrapposta a uno Stato malato e che il problema sia solo quello di effettuare un parziale trasloco fra due entità.

Inoltre è sbagliato attendere lo spazio dall’alto. La storia insegna che lo spazio delle formazioni sociali (università, scuole, ospedali, previdenza, credito, assistenza, sport) è sempre venuto dal basso e quindi non ci si può aspettare di riceverlo. Lo spazio dato è soggezione: lo spazio deve essere, ed è, di chi lo prende.

In effetti, la crisi può favorire un nuovo dinamismo sociale sia perché il pubblico può essere costretto a restringersi (ad esempio, la proposta, prima isolata, di soppressione delle Province è diventata oggi praticabile), sia perché nascono nuovi bisogni che richiedono risposta.

Non si tratta di nuovi, ulteriori, diritti, ma di sfasature o di potenzialità che derivano dall’evoluzione attuale.

Qualche esempio:

– la valorizzazione degli anziani, prima ancora della loro assistenza: si tratta di un nuovo corpo sociale largamente sottoutilizzato

– il ricreare le “società”: oratori, gruppi interfamiliari che suppliscano alle carenze della famiglia monocellulare (invenzione sbagliata dell’ultima generazione)

– l’assistenza, anche giuridica, a immigrati e ad altre persone in difficoltà

– il microcredito

– l’ambiente

Occorre creare anche più frequenti occasioni di scambi sovranazionali, dove ormai si collocano i problemi.

Quanto al rapporto con la politica, deve restare chiaro che le formazioni sociali devono svolgere un ruolo pre-politico, o meglio, si può dire prepartitico.

Questo è un periodo di semina, non di raccolto. Non facciamoci viziare dalle recenti vicende.

Con riferimento alla politica dei partiti, un importante ruolo può essere svolto dalle formazioni sociali perché i partiti hanno smesso di formare e di pensare nel lungo periodo.

C’è bisogno di una grande attività di formazione alla politica.

Il modo migliore di farlo è quello che in campo scolastico si chiama educazione attiva: studiare i problemi ma anche organizzarsi per risolverli. La migliore lezione nella materia ambientale è tenere pulito il giardino, anziché limitarsi a studiare le direttive europee.

Lo spazio c’è già. Si tratta di riempirlo.

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