Lo scudo. munizioni da 350 miliardi con maggioranze dell’85% per calmare la febbre da spread

scudo-spread Il percorso è ancora a ostacoli. E i falchi “rigoristi” della Ue provano ancora, ogni tanto, a tirare il freno. Lo scudo salva-spread però – grazie al paziente lavoro diplomatico del premier Mario Monti – sta iniziando finalmente a prendere forma.

Il suo obiettivo è chiaro: consentire ai paesi che hanno iniziato il loro cammino di riforme seguendo alla lettera raccomandazioni e paletti di Bruxelles di non vedere vanificati i loro sforzi (e i sacrifici dei loro cittadini) dai colpi di maglio di una speculazione che spinge i loro tassi d’interesse verso l’alto. Il differenziale “fisiologico” tra Bund e Btp – ha sottolineato il governatore della Banca d’Italia – sarebbe attorno ai 200 punti base. E invece ieri eravamo a quota 463 mentre i Bonos spagnoli (malgrado le riforme già avviate da Madrid) rendevano ben il 6,81% livello che in passato ha costretto Portogallo e Irlanda a chiedere l’aiuto di Ue, Bce e Fmi.

Il salva-spread dovrebbe intervenire sul mercato secondario e in asta per “raffreddare” la febbre da spread e dare un po’ di respiro ai paesi che hanno avviato piani di risanamento. A che condizioni? Leggere, forse solo scadenze temporali, per chi è incamminato su percorsi virtuosi come (autocertificano loro) Italia e Spagna.

Più rigide se la situazione è più complicata. Ecco come funzionerà il paracadute che sta prendendo forma a Bruxelles e che in teoria potrebbe decollare già il 20 luglio.

La Bce acquisterà i bond è l’ “agente” di Efsf e Esm
A GARANTIRE le munizioni per lo scudo salva- spread saranno l’Efsf prima e l’Esm (European stability mechanism) quando verrà varato, auspicabilmente in tempi stretti. Quante sono le risorse a disposizione? I 17 paesi dell’Eurozona hanno garantito 780 miliardi di euro. Quasi 300 sono già stati impegnati per gli aiuti a Grecia, Irlanda, Portogallo e per le banche spagnole. Calcolando gli aiuti a Cipro e le altre tranche per i paesi sotto tutela, l’arsenale residuo sono circa 350 miliardi che – in teoria – possono essere utilizzati tutti per stabilizzare i tassi dei paesi a rischio acquistando i loro titoli di stato per ridurre lo spread. A eseguire fisicamente le operazioni sarebbe la Bce che ha già firmato l’accordo di agente con l’Efsf e farà altrettanto con l’Esm. Il via libera al suo utilizzo deve scattare con l’unanimità dei 17 membri dell’Eurozona. Fattore di rischio visto che qualcuno, come Olanda e Finlandia, ha già fatto sapere di essere pronto a bloccare interventi considerati troppo generosi in favore delle “cicale” del Mediterraneo. Ma in caso di emergenze certificate dalla Bce o dalla commissione Ue, il semaforo verde può arrivare anche con una maggioranza bulgara dell’85%.

Niente interventi della Trojka nei paesi con le riforme avviate
LO SCUDO anti-spread interviene su richiesta esplicita (precautionary programme) di uno stato membro come potrebbero essere Italia o Spagna. Gli interventi partono dopo la firma di un accordo di massima (memorandum of understanding) tra il paese interessato da una parte e la commissione Ue, il Fondo monetario e la Bce dall’altra. Quali sono le condizioni per far scattare gli interventi? Questo è il nodo più difficile da sciogliere e non ancora risolto. Angela Merkel e i falchi europei vorrebbero condizionare l’utilizzo della scudo a una sorta di commissariamento del beneficiario da parte della Trojka con l’imposizione di paletti rigidissimi come quelli messi alla Grecia in cambio di aiuti. Mario Monti vorrebbe che l’intervento fosse quasi in automatico (si parla di un memorandum “light”) e con condizioni fotocopia rispetto alla raccomandazioni Ue (sette per l’Italia) per i paesi che stanno facendo tempestivamente le riforme come l’Italia, rispettando gli obiettivi di bilancio e che rischiano di veder andare in fumo i loro sforzi solo per il livello stratosferico dei tassi dì interesse. A queste nazioni potrebbero essere imposti solo limiti temporali precisi alle raccomandazioni (per l’Italia sono 7) già fatte dalla Ue.

Deterrente di tutto rispetto per limare il divario con i Bund
TRECENTOCINQUANTA miliardi sono un deterrente di tutto rispetto. Lo statuto dei salvaspread, per dire, consente di acquistare titoli a medio e lungo termine fino al 50% dell’importo di un’asta. Significa che 100 miliardi sarebbero sufficienti per comprare (o anche solo minacciare di comprare) la metà dei Btp italiani in asta fino a fine 2013. Con l’effetto quasi scontato di abbattere il differenziale con i Bund avvicinandolo a quei 200 punti di valore fisiologico fissato dal governatore della Banca centrale Ignazio Visco. Con la forbice tra decennali tedeschi e Btp a questo livello, Roma risparmierebbe circa 15 miliardi l’anno di interessi sul debito rispetto ai rendimenti che è costretta a pagare oggi. La Bce ha già provato a frenare gli spread comprando 170 miliardi di Btp e Bonos lo scorso autunno, regalando però solo un beneficio temporaneo ai differenziali. Troppo limitate le sue munizioni, troppe contestazioni dal nord Europa al “movimentismo” di Mario Draghi. Alla fine Eurotower ha mollato la presa e la speculazione ha riportato verso l’alto gli spread. La banca centrale ha giocato poi di sponda girando mille miliardi low cost alle banche. Gli istituti spagnoli e quelli italiani ne hanno spesi qualche decina di miliardi per comprare titoli di stato di Roma e Madrid. Ma anche qui il bel tempo è durato poco

Ma ai fondi di salvataggio mancherà la licenza bancaria
I PRIMI dubbi sono quelle che riguardano la tempistica e la reale dotazioni dello scudo. L’Esm, destinato a subentrare all’Efsf, viaggia con qualche ritardo e pur essendo stato approvato dal Parlamento di Berlino è attualmente sotto la lente della Corte costituzionale tedesca. Non è detto quindi che sia pronto a partire prima di fine anno, lasciando così aperto sugli spread solo l’ombrello molto più fragile del primo fondo di stabilità. Quanti soldi avrà poi l’Esm per intervenire sui differenziali del tassi? Dipende da come evolverà la crisi dei debiti sovrani. Se la Grecia avrà nuovi problemi, se Madrid avrà bisogno di soldi in più e magari pure la Slovenia battesse in testa, i 375 miliardi potrebbero assottigliarsi lasciando spazio alla speculazione. Efsf e Esm potrebbero essere dotati di licenza bancaria per accedere a finanziamenti della Bce, escamotage che gli regalerebbe una potenza di fuoco quasi illimitata. Ma i falchi non vogliono. Il summit Ue ha già stabilito che l’Esm non avrà status di creditore privilegiato. Avrà cioè gli stessi diritti di tutti i titolari di bond sovrani. Conditio sine qua non per non scoraggiare gli acquisti da privati. Ma qualcuno, su questo fronte, ha già iniziato a tirare il freno a mano.

 

Ettore Livini, La Repubblica

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