“La legge anti-corruzione così non basta approvatela subito ma serve più coraggio”

saviano Saviano al governo: “I rapporti mafia-politica emergenza nazionale”. “A Milano si è superata la linea d’ombra. In molte aziende si pensa meglio i capitali sporchi che soccombere”

Per Roberto Saviano, il ddl anticorruzione “così com’è impostato, non va bene, non basta. Il provvedimento deve essere rafforzato sul falso in bilancio, sul voto di scambio, sulla concussione e in altre sue parti fondamentali. Quella legge, sulla cui necessità si sono espressi oltre 300mila cittadini aderendo con me all’appello di Repubblica, va approvata con urgenza, ma senza scendere a compromessi”.

L’autore di Gomorra lancia un appello al ministro Paola Severino e un altro al premier Monti. Il ministro della Giustizia, auspica Saviano, “si faccia garante perché non si sia ostaggio di questa politica”. L’altra sollecitazione riguarda l’allarme dei condizionamenti mafiosi nel paese: “Il governo deve fare presto ad affrontare la questione come emergenza nazionale e non come un problema tra i tanti”.

Saviano, partiamo da un tabù che è crollato. C’era una volta l’orgoglio nordista che puntava il dito contro la complicità o la colpevole indifferenza del sud con i clan.
“In effetti, fino a poco tempo fa, poteva essere rischioso parlare di infiltrazioni mafiose al Nord. Della Lega, ad esempio, ti lasciavano anche dire che era razzista, un po’ incolta, ma guai a parlare di tolleranza con le mafie”.

Lei stesso, due anni fa, fu accusato dall’ex ministro Maroni di aver rivolto accuse infamanti alla Lega perché disse che la ‘ndrangheta “interloquiva” col suo partito.
“Purtroppo i fatti di oggi mettono in ridicolo le parole di Maroni, oltreché la campagna orchestrata contro di me. La reazione del Carroccio fu così risentita perché nessuno aveva ancora detto con chiarezza, al grande pubblico, che il pericolo era già lì, negli appalti, nelle imprese. Il caso ha voluto che cadesse la maschera del tesoriere della Lega Francesco Belsito, che secondo due procure aveva rapporti con la cosca dei De Stefano in Calabria. Poi è arrivato l’arresto dell’assessore Zambetti che, come sottolinea il procuratore aggiunto Boccassini, svela un pezzo di democrazia inquinata. E in tutto questo, la Lega ha esibito negli anni un’antimafia di facciata: quella che ti fa organizzare la fiaccolata contro il soggiorno obbligato di qualche boss o contro gli spacciatori, ma niente di più”.

La replica del Carroccio è che l’assessore accusato di aver pagato 200mila euro per 4000 voti, è del Pdl.
“Ecco, la Lega sta dicendo che loro non c’entrano. Ma è una bugia. Perché hanno appoggiato incondizionatamente il Pdl che ha sempre avuto un atteggiamento disinvolto con i faccendieri di queste organizzazioni. Perché se fai percepire alla tua base elettorale che il problema mafioso riguarda solo bande calabresi o campane che si fanno il racket tra loro, stai mentendo. A Milano, si è superata la linea d’ombra. In alcune aziende, c’è chi si domanda: voglio essere perdente o vincente? Se non voglio alzare bandiera bianca, faccio entrare capitali opachi”.

In Lombardia nessuno fa un passo indietro. Perché?
“A Milano fino a ora non è nata una vera cultura antimafia. Non nelle persone, non nelle imprese. Forse perché non ci sono stragi, non ci sono faide e i summit non avvengono alla luce del sole. Una parte della politica se ne occupa, ma la maggior parte delle persone ritiene che la criminalità organizzata sia un fenomeno meridionale…”.

Eppure, un mese fa a Milano hanno ucciso una coppia per la cocaina: i killer hanno sparato a lei mentre teneva una bimba in braccio.
“Esatto, una scena tipicamente mafiosa quasi scivolata addosso. Con sporadiche eccezioni, la politica pratica l’esercizio della rimozione. Così avviene con le estorsioni a tappeto, in un’omertà generalizzata che ricorda aree depresse del Sud”.

Con la differenza che pezzi del Sud si ribellano, dal moto collettivo delle donne di San Luca in Calabria all’onda antiracket di Ercolano, nel vesuviano.
“Invece al Nord tanti continuano a dire che l’infezione arriva dal Meridione. Non è così: sono cellule locali, con meccanismi d’azione mafiosa, che ormai parlano lombardo e che nella terra della finanza si arricchiscono di nuovi capitali. Di questo fa le spese proprio l’economia del Sud: se il fenomeno criminale non fosse così florido al Nord, le cosche laggiù sarebbero molto indebolite”.

Sulla lotta alla ‘ndrangheta si sconta un grande ritardo. Non occorre un’autocritica anche da parte dei media?
“Credo che autocritica debba farla soprattutto la politica nazionale: direi che il nostro governo si è dato altre priorità. Il mio appello a Monti è: fate presto a porre la questione antimafia come un’urgenza da affrontare e non più come un problema fra tanti”.

E sul ddl anti-corruzione, qual è il suo appello?
“È un testo ancora debole. Il ddl anticorruzione è un decreto salva-democrazia: non viatico per una politica pulita, ma la premessa per un sistema che possa davvero dirsi democratico. Una classe politica corrotta e impunita è permeabile ai capitali criminali, come le recenti inchieste attestano. Dopo l’appello lanciato da Repubblica, 300mila cittadini hanno firmato. Ora il Guardasigilli dovrà farsi garante perché non si scenda a compromessi, perché non si sia più ostaggio di questa politica che quando non è colpevole di connivenza, lo è di ignoranza. Un’ignoranza che, ai vertici di una regione come la Lombardia, non è consentita”.

Quali sono i punti del Dda da rivedere?
“Sono numerosi, ma tre i più importanti: voto di scambio, (che nel testo risulta punibile solo se il politico lo paga in denaro e non con favori di altro tipo), falso in bilancio e autoriciclaggio. Ma il vero salto di qualità nella lotta alla corruzione sarebbe l’introduzione – che l’Europa ci chiede – di una norma che rendesse imprescrittibili i reati dopo la sentenza di condanna di primo grado”.

Siamo in piena febbre da primarie. È sottovalutato il tema delle infiltrazioni criminali e del voto di scambio?
“La crisi del sistema lombardo è inaugurata dal caso Penati, peccato originale che ha depotenziato l’opposizione del centrosinistra ai disastri del centrodestra. Spero che il dibattito non si limiti alle regole delle primarie”.

Umberto Eco, propone una specie di mobbing verso chi ostenta tenori di vita sospetti. Anche lei ha un consiglio per gli onesti?
“Sì: voler sempre sapere. Quando uno è stanco dei giornali, di conoscere il caso Lazio o Lombardia, quello è il modo per lasciare tutto invariato. Perciò, direi: non smettere di approfondire, essere aperti e non ideologici. Conoscere cambia le cose”.

Saviano, lei è alla terza stagione televisiva, ora di nuovo in Rai. L’ha delusa lo share di due settimane fa, alto (11%) ma comunque inferiore ai picchi da record (31%) della passata edizione di “Vieni via con me”?
“No. Intanto, con i nuovi vertici Rai lavoro in armonia e nessuno mi chiede i contenuti degli interventi. Le mie presenze sono concepite come una rubrica, legata all’attualità. Quindi, in questo test del lunedì voluto da Fazio, sono più libero dalle ansie di perfomance. Voglio liberarmi della ‘dittatura’ dell’evento. Credo sia importante essere in tv, occupare uno spazio da scrittore”

 

Conchita Sannino, La Repubblica

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