Il capitalismo come religione

Scrive Marx, nel libro terzo del Capitale: «il sistema monetario è essenzialmente cattolico, il sistema creditizio essenzialmente protestante… È la fede che rende beati».

Una religione che non redime, ma indebita
Parliamo di capitalismo, che cosa c’entra la fede? Se il capitalismo si riducesse soltanto a un sistema di produzione e distribuzione di merci e servizi, sarebbe facile afferrarlo, comprenderne la logica, non solo gli effetti. Ma il capitalismo è molto di più: è fede, sistema di segni, religione, idolo e culto. È questa la tesi dell’ultimo libro di Luigino Bruni, Il capitalismo e il sacro, edito da Vita e Pensiero.

«Solo Dio e la finanza capitalistica», spiega Bruni, «hanno la pretesa di creare dal nulla». Ma la religione del capitalismo o, meglio, il capitalismo come religione è un tipo molto particolare di fede. Premoderna e al contempo postmoderna, questa religione non redime, ma incolpa. Non libera, ma indebita.

Nel 1921, Walter Benjamin scrisse un appunto dedicato proprio al capitalismo come religione: Kapitalismus als Religion. Un appunto, richiamato da Bruni, che capovolge la lettura weberiana del capitalismo come secolarizzazione.

Al contrario, nel fenomeno del capitalismo moderno Benjamin legge una mutazione di superficie e una continuità di fondo: «nel capitalismo va scorta una religione», questo l’incipit del frammento 74, scritto come si diceva nella seconda metà del ‘21, ma pubblicato per la prima volta solo nel 1985…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *