Una legge per la parità salariale

La Commissione Lavoro della Camera dei deputati ha cominciato l’esame delle proposte di legge sulla parità salariale che novellano l’articolo 46 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al decreto legislativo 198/2006, in materia di rapporto sulla situazione del personale.

Purtroppo, nonostante i contratti collettivi e le leggi sulle pari opportunità vigenti nel nostro Paese, nei salari accessori e nelle indennità aggiuntive le donne vengono ancora penalizzate, e questo accade proprio a quelle donne che con studio e impegno sono arrivate a ricoprire ruoli manageriali nelle imprese.

Il marcato peggioramento della differenza retributiva a scapito delle lavoratrici è certificato dal Gender Gap Report 2018 di JobPricing,.

La sostanziale parità che si registra in Italia (il gap salariale è, infatti, pari al 5,5 per cento) è, purtroppo, solo apparente, in quanto nel settore privato il nostro Paese risulta allineato alla maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea, con un divario pari a circa il 19 per cento.

Inoltre è stato più volte denunciato che alle donne vengano negati scatti di carriera, mansioni elevate, o responsabilità che magari nella realtà già si assumono. Per questo le proposte di legge non si occupano solo di salari, ma si innestano sul Codice delle pari opportunità che richiede alle aziende il rispetto delle donne da tutti questi punti di vista.

Perché la parità non è solo la cifra del salario, ma piena uguaglianza di possibilità di crescita lavorativa e umana, come chiede la nostra Costituzione.

Le proposte di legge in esame sono la AC. 615 Gribaudo, la AC. 1345 Benedetti e la AC. 1925 CNEL.

La proposta di legge C. 615, a prima firma dell’on. Chiara Gribaudo (Gruppo Partito Democratico), iniziativa legislativa ampiamente condivisa all’interno della maggioranza, interviene su un fenomeno, ampiamente certificato dai dati censiti da EUROSTAT e ISTAT, oltre che da studi di diverse organizzazioni internazionali, che vede il lavoro delle donne sistematicamente retribuito meno di quello degli uomini, a parità di mansioni e di ore lavorate.
Il testo in esame, pertanto, si affiancherebbe alle altre misure che nel tempo sono state adottate per valorizzare l’impegno lavorativo delle donne, senza che, per questo, sia sacrificato il tempo dedicato alla famiglia (ad esempio, al divieto delle cosiddette «dimissioni in bianco», all’estensione del congedo parentale e all’istituzione del congedo obbligatorio di paternità).

In particolare, la proposta di legge, che consta di due articoli, è volta a modificare l’articolo 46 del codice delle pari opportunità, di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, che dispone l’obbligo per le aziende con più di cento dipendenti di redigere un rapporto biennale sui vari aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro, inclusa la retribuzione. Il rispetto di tale previsione, tuttavia, non è verificabile né sono verificabili i contenuti dei rapporti delle aziende. Pertanto, l’articolo 1, comma 1, dopo aver previsto, alla lettera a), la possibilità anche per le aziende con meno di cento dipendenti di redigere il rapporto, alla lettera b), dispone la pubblicazione, sul sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’elenco delle aziende che hanno trasmesso il rapporto e dell’elenco di quelle che non lo hanno trasmesso.

La lettera c) rinvia a un successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la definizione dei criteri per la redazione del rapporto, delle modalità di accesso al rapporto da parte dei dipendenti dell’azienda interessata, dei parametri minimi di rispetto delle pari opportunità, con particolare riferimento alla retribuzione corrisposta e alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Rileva che il decreto ministeriale prevede anche il rilascio di una «certificazione di pari opportunità di lavoro», da attribuire alle aziende che rispettano tali parametri minimi.

Le successive lettere del comma 1, infine, modificano la disciplina sanzionatoria in caso di inosservanza degli obblighi e attribuiscono all’Ispettorato nazionale del lavoro, nell’ambito delle sue attività, il compito di verificare la veridicità dei rapporti.

L’articolo 2 attribuisce alla consigliera o al consigliere nazionale di parità l’obbligo, ora in capo al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di presentazione al Parlamento, con cadenza biennale, di una relazione contenente i risultati del monitoraggio sull’applicazione della legislazione in materia di parità e pari opportunità nel lavoro e sulla valutazione degli effetti delle disposizioni del codice delle pari opportunità.

La proposta di legge C. 1345, a prima firma dell’on. Silvia Benedetti (Gruppo Cambiamo!-10 volte meglio) intende incentivare le aziende a ridurre la differenza salariale tra uomini e donne estendendo, con l’unico articolo di cui si compone, alle aziende che occupano almeno venticinque dipendenti l’obbligo di redigere un rapporto biennale sui vari aspetti inerenti le pari opportunità sul luogo di lavoro, inclusa la retribuzione, già previsto dall’articolo 46 del codice delle pari opportunità.

Infine, la proposta di legge C. 1925, di iniziativa del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL), modificando il medesimo articolo 46 del codice delle pari opportunità, estende, alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 1, l’obbligo di redazione, con cadenza biennale, del rapporto alle aziende con più di cinquanta dipendenti.

La lettera b), dopo aver introdotto la previsione di un modello standardizzato di rapporto, attribuisce alla consigliera o al consigliere regionale di parità il compito di elaborare i dati contenuti nei rapporti trasmessi dalle aziende e di trasmettere i risultati alle sedi territoriali dell’Ispettorato nazionale del lavoro, alla consigliera o al consigliere nazionale di parità, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL).

La lettera c) introduce sanzioni nei casi di inottemperanza dell’obbligo di redazione del rapporto.

La lettera d) prevede la trasmissione, con cadenza biennale, da parte del CNEL, di una relazione al Parlamento nella quale sono contenute considerazioni e proposte, anche legislative, volte a garantire effettive condizioni di pari opportunità di genere nel mercato del lavoro.

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