Mozione condivisa sulla politica europea dell’Italiapagina 2

per dare un ulteriore segnale della comune e condivisa consapevolezza raggiunta nel Paese circa la necessità di rimanere fedele nel lungo periodo alla politica della stabilità, bisogna ribadire che il principio del rigore deve essere considerato come punto cardine della politica nazionale ed europea;

va sottolineato, al riguardo, che il Parlamento ha già approvato in prima e seconda lettura e calendarizzato in terza, il progetto di riforma che prevede l’introduzione della regola del pareggio di bilancio in Costituzione. È, tuttavia, bene ricordare che stabilità e crescita sono problemi interconnessi e dalla loro contestuale soluzione dipende la stessa continuità dell’euro, come moneta unica. È, infatti, evidente che se non si ferma la speculazione contro il debito sovrano, il conseguimento dell’equilibrio di bilancio diventerà sempre più difficile a causa della crescita abnorme della spesa per interessi, come avvenne nel corso degli anni Ottanta. Al tempo stesso, solo il rispetto della nuova governance potrà dimostrare la volontà dei singoli Stati di far fronte agli squilibri strutturali che sono alla base della crescita del debito sovrano e rappresentano un elemento catalizzatore della speculazione. Questo doppio passaggio è un argine da porre a difesa della moneta unica, se si vuole evitare il suo possibile tracollo, e quindi delle prospettive di sviluppo della stessa Unione europea;

il modello dell’economia sociale di mercato, che è il modello europeo, rimane la scelta strategica dell’Italia che la presente mozione ribadisce con il consenso convinto di tutte le principali forze politiche e che è sottratta, per il futuro, al variare delle contingenze politiche;

la credibilità e la portata delle misure adottate e degli impegni politici assunti, che in questa mozione vengono reiterati, consente all’Italia di svolgere con piena autorevolezza il suo ruolo all’interno dell’Unione europea come Paese fondatore ed una delle maggiori economie, e autorizza a chiedere alle istituzioni europee ed ai Paesi membri una solidarietà fattiva e convinta, rimarcando anche alcuni limiti ed insufficienze della risposta che fino ad ora l’Unione europea ha dato alla crisi;

è necessario che gli strumenti di intervento sui mercati finanziari vengano potenziati sia sotto il profilo quantitativo che sotto quello delle modalità di intervento ed è, quindi, urgente mettere lo European stability mechanism in condizione di funzionare con risorse adeguate;

è poi desiderabile, come proposto dalla Commissione europea, che tali azioni siano iscritte nella prospettiva di una «più stretta integrazione economica all’interno dell’Unione, in particolare con lo sviluppo progressivo di titoli di debito pubblico comuni dell’area euro e la creazione di una tesoreria europea, parte della Commissione e responsabile di fronte al Parlamento europeo»;

manca un sufficiente coordinamento fra l’azione della Banca centrale europea e quella dell’Autorità bancaria europea, con il rischio che proprio per tale motivo l’azione della Banca centrale europea non possa sviluppare per intero i propri effetti positivi. Considerazioni relative alla stabilità dei singoli istituti e considerazioni relative alla stabilità di sistema devono armoniosamente integrarsi fra loro. Il rischio che si sta correndo è quello di una forte riduzione del credito agli Stati, al sistema produttivo, alle imprese ed alle famiglie. Le indicazioni date all’Eba nel Consiglio europeo del 26 ottobre 2011 vanno riconsiderate alla luce di una situazione profondamente mutata. In tale prospettiva, è opportuno adoperarsi affinché la piena attuazione delle previsioni dell’Autorità bancaria europea, (european banking Authority-Eba ) dell’8 dicembre 2011, sia differita sino all’effettiva operatività degli strumenti previsti dalla decisione del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011, ivi compresa quella relativa all’European financial stability facility (Efsf) e il pieno funzionamento dell’European stability mechanism (Esm);

in prospettiva, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell’eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di una medesima visione. La stabilità è uno strumento indispensabile e fondamentale, ma il fine è la crescita economica, il lavoro, il benessere dei cittadini e delle cittadine europee;

le circostanze di emergenza attuali suggeriscono di utilizzare tutti gli importanti elementi di flessibilità offerti dai trattati in vigore, come i regolamenti ex articolo 151 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Tuttavia, ciò non può implicare la rinuncia, in un orizzonte temporale adeguato e più ampio, alla prospettiva di una complessiva riforma dei trattati per completare la costruzione di un’unione federale dotata di piena legittimazione democratica, anche attraverso una Convenzione;

sono stati avviati, in sede tecnica, i negoziati occorrenti per predisporre l’accordo intergovernativo europeo per il rafforzamento dell’unione economica (il cosiddetto «fiscal compact»); l’accordo dovrà riguardare: a) la regola del pareggio di bilancio ed il suo inserimento nella normativa nazionale di livello costituzionale; b) l’attribuzione alla Corte di giustizia dell’Unione europea di un ruolo in merito alla trasposizione di tale regola del pareggio negli ordinamenti interni, evitando che ad essa siano attribuite funzioni improprie; c) il riferimento alla regola del debito in una normativa di diritto internazionale; d) i programmi di partenariato giuridicamente vincolati per i Paesi sotto procedura per deficit eccessivo; e) l’applicazione della regola della maggioranza qualificata «invertita» nella procedura per deficit eccessivo;

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