Indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell’economia internazionale.

14 ottobre 2009, Audizione del prof. Riccardo Pietrabissa, Prorettore del polo regionale di Lecco del Politecnico di Milano, e di rappresentanti di Federmacchine: Sacchi Alberto, Presidente di Federmacchine, Giancarlo Losma, Vicepresidente di Federmacchine e presidente di UCIMU, Alfredo Mariotti, Segretario generale di Federmacchine e di UCIMU;

21 ottobre 2009, Audizione di rappresentanti di Farmindustria: Sergio Dompè, Presidente, accompagnato dalla dottoressa Nada Ruozzi, Responsabile area relazioni istituzionali;

28 ottobre 2009, Audizione del prof. Carlo Trigilia, Ordinario di sociologia economica presso l’Università di Firenze;

11 novembre 2009, Audizione di Vendemiano Sartor, Assessore alle politiche dell’economia, dello sviluppo, della ricerca e dell’innovazione della regione Veneto, accompagnato da Sergio Trevisanato, Segretario regionale alle attività produttive, istruzione e formazione della regione Veneto, e di Daniele Fichera, Assessore alla piccola e media impresa, commercio e artigianato della regione Lazio, accompagnato da Mario Pagani, funzionario della regione Lazio;

25 novembre 2009, Audizione del prof. Marco Fortis, Docente di economia industriale presso l’Università cattolica di Milano, e dell’ambasciatore Antonio Armellini, Rappresentante italiano presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE);

1o dicembre 2009, Audizione di Claudio Scajola, Ministro dello sviluppo economico.

IL QUADRO NORMATIVO

Misure a favore delle imprese

Tra le misure adottate dal Governo e dal Parlamento per il sostegno della crescita economica e per il rilancio della competitività del sistema produttivo – che non potevano non risentire della grave crisi economica internazionale – si segnalano in primo luogo quelle dirette alle piccole e medie imprese (PMI), che caratterizzano la struttura produttiva italiana. Una delle principali misure a favore delle PMI, per favorirne l’accesso al credito, è consistita nel rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI, i cui interventi sono stati estesi anche alle imprese artigiane e sono assistiti dalla garanzia dello Stato.

Si è intervenuti anche sui distretti produttivi e sulle reti delle imprese, al fine di agevolare sul piano fiscale, amministrativo e finanziario tali forme di integrazione e collaborazione tra imprese prevalentemente di piccola e media dimensione.

Il legislatore si è posto anche l’obiettivo di migliorare la competitività delle imprese italiane cercando di incentivare gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, al fine di ridurre il divario rispetto a tali investimenti nei principali paesi europei; tra l’altro si è previsto il riordino della materia in questione. La disciplina dei progetti di innovazione industriale è stata poi estesa ad ulteriori aree tecnologiche.

Il Parlamento ha anche delegato il Governo al riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, nonché degli interventi di reindustrializzazione di aree di crisi.

Altre norme hanno provveduto a favorire gli investimenti e la capitalizzazione delle imprese tramite incentivi di carattere fiscale.

L’obiettivo di una maggiore competitività delle imprese passa anche per una semplificazione degli adempimenti burocratici per avviare e svolgere le attività produttive. In tale direzione va la semplificazione e il riordino della disciplina degli sportelli unici delle attività produttive. Lo sportello unico dovrà essere l’unico punto di accesso in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti l’attività produttiva del richiedente, con il compito di fornire una risposta unica e tempestiva in luogo di tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento. Inoltre si è disposta l’abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese ai fini dell’ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o di partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

Al sostegno del sistema produttivo, a maggior ragione in un periodo di crisi economica, contribuisce anche l’approvazione di norme che mirano a rafforzare la tutela della proprietà industriale e gli strumenti di lotta alla contraffazione, anche sotto il profilo penale. Inoltre, a tutela del made in Italy, sono state rafforzate le sanzioni in caso di fallace indicazione sull’origine o provenienza dei prodotti e introdotte sanzioni per l’uso di indicazioni di vendita atte ad indurre la fallace convinzione che il prodotto sia interamente realizzato in Italia.

Nell’ambito della «vicenda Alitalia», il legislatore è intervenuto inoltre sulla disciplina relativa all’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, tra l’altro individuando una specifica disciplina dell’amministrazione straordinaria per le grandi imprese operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali volta a garantire la continuità nella prestazione di tali servizi.

PMI e distretti produttivi

L’apparato produttivo italiano si distingue per l’elevato numero di imprese attive e una dimensione media di queste estremamente ridotta, cui si aggiunge un accentuato localismo produttivo. In tale ambito, le piccole e medie imprese (nel seguito: PMI) rappresentano senza dubbio uno degli assi portanti dell’economia nazionale e sono andate incontro ad uno sviluppo quantitativo, ma anche qualitativo, che non ha eguali nel panorama internazionale.

Secondo i dati Istat (Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei servizi – Anno 2007. Istat, Statistiche in breve, 20 ottobre 2009), la struttura produttiva italiana rimane caratterizzata da una larga presenza di microimprese (con meno di dieci addetti), rappresentative del 94,8 per cento delle imprese, del 47,4 per cento degli addetti e del 32,5 per cento del valore aggiunto. In questo segmento dimensionale di imprese quasi due terzi dell’occupazione è costituita da lavoro indipendente.

Le grandi imprese (con almeno 250 addetti) ammontano a 3.418 unità, che pesano per il 18,5 per cento degli addetti e per il 28,3 per cento del valore aggiunto complessivi.

La dimensione media delle imprese permane particolarmente bassa (3,9 addetti per impresa), seppure in crescita negli ultimi anni.

La principale caratteristica delle PMI italiane può essere individuata nella particolarità della loro forma organizzativa, che ha trovato l’espressione più completa nei distretti industriali i quali, come le altre le forme organizzative delle PMI (le cooperative ad esempio) sono espressione di uno sviluppo industriale che nasce dal basso e riflette la capacità di forze economiche, sociali ed istituzionali presenti in un determinato territorio di autopromuoversi, mettendo a frutto le risorse in termini di capitale umano, di materie prime e di conoscenze disponibili in ambito locale.

La materia dei distretti produttivi e delle reti di imprese è stata oggetto di esame parlamentare in occasione della conversione dei decreti-legge 112/2008 e 5/2009 . Il Parlamento è intervenuto sulla stessa disciplina con alcune disposizioni contenute nella legge 99/2009 e, da ultimo, nel decreto-legge n. 78/2010 (manovra correttiva 2010), convertito con modificazioni dalla legge 122/2010 (A.C. 3638). I distretti produttivi rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un’elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione, e dall’elevata specializzazione produttiva.

Le reti d’impresa sono invece forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, soprattutto di piccola e media dimensione, che vogliono aumentare la forza sul mercato senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un unico soggetto.

Il Parlamento ha inciso sulla materia dei distretti produttivi e delle reti d’impresa nella legislatura in corso in occasione dell’esame del decreto-legge n. 112/2008 e del decreto-legge n. 5/2009.

Il decreto-legge n. 112/2008 ha modificato in più parti la disciplina sui distretti produttivi introdotta dalla legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), eliminando le disposizioni relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, sostituite da norme di mera semplificazione ai fini degli adempimenti IVA (articolo 6-bis). Inoltre, ha esteso la normativa sui distretti produttivi alle reti delle imprese di livello nazionale e alle catene di fornitura.

Il successivo decreto-legge n. 5/2009 ha ripristinato l’originaria formulazione della disciplina fiscale sui distretti produttivi introdotta dalla legge finanziaria per il 2006, in quanto il decreto-legge n. 112/2008, pur avendone esteso l’applicazione a nuovi soggetti, ne aveva ridotto fortemente la portata applicativa sotto il profilo delle agevolazioni fiscali (articolo 3). Tale disciplina comunque non ha ancora trovato applicazione in quanto non sono state emanate le norme di attuazione. Inoltre, il decreto-legge n. 5/2009 ha disciplinato i contenuti essenziali del contratto di rete tra due o più imprese, con particolare riferimento ai diritti e agli obblighi assunti dalle imprese partecipanti e alle modalità di esecuzione dei contratto stesso, prevedendo per la rete d’impresa che nasce dalla conclusione di tale contratto l’applicazione delle disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria per il 2006.

Più recentemente con la legge n. 99/2009 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria) il Parlamento è intervenuto nuovamente sulla normativa relativa ai distretti produttivi e alle reti di imprese.

In particolare, l’articolo 1 ha provveduto a modificare ed integrare la disciplina sul contratto di rete introdotta dal decreto-legge n. 5/2009, relativamente alle indicazioni da inserire nel contratto e alle disposizioni che si applicano alla rete di imprese che nasce dalla conclusione del medesimo contratto. Con riferimento a tale ultimo aspetto, il provvedimento ha disposto l’applicazione alle reti delle imprese nascenti dalla conclusione di contratti di rete delle disposizioni amministrative, finanziarie e di ricerca e sviluppo previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge n. 266/2005), subordinando però tale applicazione ad una apposita autorizzazione amministrativa. Si ricorda che invece il decreto-legge n. 5/2009 ha previsto l’applicazione alle reti delle imprese in oggetto solamente delle disposizioni amministrative introdotte per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (senza però necessità di alcuna autorizzazione) (comma 1).

Ha inoltre disposto l’abrogazione dell’articolo 6-bis del decreto-legge n. 112/2008 le cui scelte normative, soprattutto per quanto concerne la disciplina fiscale, erano già peraltro state superate con il decreto-legge n. 5/2009 (comma 2).

Ulteriori disposizioni riguardanti i distretti sono contenute anche negli articoli 2 e 3.

Anche l’articolo 42 del decreto-legge n. 78/2010 (manovra correttiva 2010) reca disposizioni relative alle reti di imprese. Tale articolo dispone il riconoscimento, a favore delle imprese appartenenti ad una rete di imprese, di vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, compresa la possibilità di stipulare convenzioni con l’ABI alle condizioni che saranno stabilite con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 2).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato soppresso l’originario comma 1 (che prevedeva che il riconoscimento dell’appartenenza alla rete fosse richiesto dall’impresa, sulla base di quanto sarebbe stato disposto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate) ed è stato ridisciplinato (con i commi aggiunti 2-bis e 2-ter) il contratto di rete di cui ai commi 4-ter e 4-quater dell’articolo 3 del decreto-legge n. 5/2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 33/2009, che vengono a tal fine novellati.

Invece di prevedere che due imprese esercitassero in comune una o più attività economiche allo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, com’era finora, a fondamento del contratto di rete ora è posto proprio quello che finora ne era l’elemento teleologico, mentre l’oggetto non coincide più necessariamente con il solo esercizio in comune (di parte) degli oggetti sociali di ciascuna impresa.

Infatti, ai sensi del comma 2-bis, che modifica il comma 4-ter dell’articolo 3 del decreto-legge n. 5/2009, con il nuovo contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, obbligandosi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Ai fini degli adempimenti pubblicitari, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:

a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante (rispetto alla norma vigente, si richiede che ciò risulti per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva);

b) l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti (rispetto alla norma vigente, non si richiede più che innovazione e competitività siano dimostrate, ma solo che siano indicate le modalità concordate tra gli stessi per misurare l’avanzamento verso tali obiettivi);

c) la definizione (e non più «individuazione») di un programma di rete, che contenga l’enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune. Solo qualora sia prevista l’istituzione di un fondo patrimoniale comune, dovranno essere anche indicati la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l’esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell’articolo 2447-bis, lett. a), del codice civile. Al fondo patrimoniale comune così costituito (ma, deve ritenersi, anche a quello previsto al secondo periodo del capoverso «4-ter», che in buona parte vi coincide) si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile;

d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l’esercizio del relativo diritto (il recesso è quindi ora solo facultizzato), ferma restando in ogni caso l’applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo;

e) le generalità del soggetto prescelto per svolgere l’ufficio di organo comune per l’esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso (ma solo se il contratto ne prevede l’istituzione), i poteri di gestione e di rappresentanza conferitigli come mandatario comune nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto, l’organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l’accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione prevista dall’ordinamento nonché all’utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza;

f) le regole per l’assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo. Si tratta di una previsione nuova rispetto al testo vigente, con cui si affronta la governance della rete istituita.

Il comma 2-ter, che modifica il comma 4-quater dell’articolo 3 del decreto-legge n. 5/2009, aggiunge alla previsione – già presente nello stesso comma 4-quater – secondo cui il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del Registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante, che l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

I commi da 2-quater a 2-septies introducono una agevolazione fiscale per le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete ai sensi all’articolo 3, comma 4-ter e seguenti, del decreto-legge n. 5 del 2009.

In particolare per tali imprese, ai sensi del comma 2-quater, viene previsto un regime di sospensione d’imposta relativamente alla quota degli utili dell’esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete (preventivamente asseverato da organismi espressione dell’associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il medesimo decreto). L’agevolazione opera per gli utili realizzati fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012 ed interessa la quota degli stessi imputata al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato per le predette finalità di investimento. Gli utili accantonati concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui la riserva è utilizzata per finalità diverse dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l’adesione al contratto di rete. L’asseverazione è rilasciata previo riscontro della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. L’Agenzia delle Entrate, avvalendosi dei poteri di cui al Titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso all’agevolazione, revocando i benefici indebitamente fruiti. Viene precisato che l’importo che non concorre alla formazione del reddito d’impresa non può comunque superare il limite di euro 1.000.000. Gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare trovano espressione in bilancio in una corrispondente riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e sono vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete.

Il comma 2-quinquies prevede anzitutto che l’agevolazione di cui al comma 2-quater può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all’esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare. Per il periodo d’imposta successivo l’acconto delle imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in mancanza delle previsioni di cui al comma 2-quater.

Il comma 2-sexies demanda ad un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, l’individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione dell’agevolazione prevista dal comma 2-quater, anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto al comma 2-quinquies.

Infine, il comma 2-septies subordina l’operatività dell’agevolazione alla prescritta autorizzazione della Commissione europea.

Le misure approvate dal Governo e dal Parlamento nel corso dell’attuale legislatura a partire dal giugno 2008, destinate specificamente a favore delle PMI allo scopo di sostenerle in una situazione di grave crisi economica e finanziaria internazionale (anche per le ricadute sul piano dell’occupazione e più in generale sul piano sociale), sono contenute in vari decreti-legge e nel collegato alla manovra finanziaria (legge n. 99/2009).

Accesso al credito e sostegno finanziario

Per quanto riguarda le misure volte a favorire l’accesso al credito per le PMI, in primo luogo si segnala il decreto-legge n. 185/2008 (convertito dalla legge 2/2009) che all’articolo 11 ha introdotto disposizioni volte al potenziamento finanziario dei Confidi (organismi finalizzati ad agevolare l’accesso al credito alle PMI), attraverso il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.

L’articolo 2 della citata legge n. 662/1996, al comma 99, dispone che le risorse statali attribuite per la realizzazione di investimenti pubblici e rimaste in tutto o in parte inutilizzate possono essere destinate dal CIPE al finanziamento di progetti immediatamente eseguibili, anche relativi a finalità diverse da quelle previste dalle rispettive legislazioni. Il successivo comma 100, alla lettera a), prevede che, nell’ambito delle suddette risorse, il CIPE possa, tra l’altro, destinare una somma fino ad un massimo di 400 miliardi di lire per il finanziamento di un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese.

Le risorse destinate a tale fondo di garanzia sono state successivamente integrate dall’articolo 15, comma 1, della legge n. 266/1997, che ha provveduto a devolvere al fondo, in tutto o in parte, le disponibilità di altri fondi di garanzia e in particolare: le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia all’industria di cui all’articolo 20 della legge n. 675/1977 costituito presso il medesimo Mediocredito centrale, che forniva garanzie sui finanziamenti a medio termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese industriali; le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia al commercio di cui all’articolo 7 della legge n. 517/1975; un importo pari a 50 miliardi a valere sulle risorse destinate a favore dei consorzi e delle cooperative di piccole imprese di garanzia collettiva fidi (Confidi) dall’articolo 2 del decreto-legge n. 149/1993. Il comma 2 dello stesso articolo 15 ha precisato l’ambito di intervento del fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, prevedendo che la garanzia del fondo può essere concessa alle banche, agli intermediari finanziari e alle società finanziarie per l’innovazione e lo sviluppo, a fronte di finanziamenti alle piccole e medie imprese (compresa la locazione finanziaria) e di partecipazioni temporanee e di minoranza al capitale di tali imprese, e disponendo, inoltre, che la garanzia del fondo è estesa anche a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell’elenco generale. Inoltre, il comma 3 del medesimo articolo 15 ha previsto:

che i criteri e le modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del suddetto fondo di garanzia, nonché le eventuali riserve di fondi a favore di determinati settori o tipologie di operazioni, venissero regolati con decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato (ora: Ministro dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro del tesoro (ora: Ministro dell’economia e delle finanze);

che un’apposita convenzione per la gestione del fondo di garanzia dovesse essere stipulata tra l’allora Ministero dell’industria e il Mediocredito centrale, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, del D.Lgs 385/1993.

Si ricorda inoltre che l’articolo 1, comma 847, della legge n. 296/2006 ha istituito il Fondo per la finanza d’impresa allo scopo di facilitare l’accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e di razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio. Le disposizioni attuative dovrebbero essere definite, ai sensi del successivo comma 848, da un decreto del Ministro dello sviluppo economico, che non è stato ancora emanato. Nel Fondo per la finanza d’impresa dovrebbero confluire le risorse provenienti da diversi fondi di cui la legge finanziaria 2007 ha disposto la soppressione, tra i quali anche il Fondo di garanzia di cui all’articolo 15 della legge 266/1997.

In particolare, il decreto-legge n. 185/2008 ha destinato al rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI, il cui intervento viene esteso anche alle imprese artigiane, la somma di 450 milioni di euro (quale limite massimo).

Il rifinanziamento è stato disposto in attesa dell’emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto all’articolo 1, comma 848 della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) di definizione delle modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d’impresa, istituito dal comma 847 della medesima legge finanziaria, nel quale confluiscono varie risorse provenienti dai diversi fondi (tra cui lo stesso Fondo di garanzia) di cui si dispone la soppressione. Di tali risorse aggiuntive, il 30 per cento è riservato agli interventi di controgaranzia dei Confidi. Inoltre si dispone che gli interventi del Fondo di garanzia per le PMI siano assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza, secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, comunque nei limiti delle risorse destinate a tale scopo a legislazione vigente sul bilancio dello Stato. Lo stesso decreto ha infine consentito l’incremento della dotazione del Fondo mediante versamento di contributi da parte delle banche, delle Regioni e di altri enti e organismi pubblici, ovvero con l’intervento della SACE (Servizi assicurativi del commercio estero) Spa, secondo modalità stabilite con decreto ministeriale.

Ulteriori norme riguardanti il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese sono state introdotte con il decreto-legge 5/2009.

In primo luogo si è previsto (articolo 7-quinquies) che la dotazione del Fondo di garanzia possa essere incrementata con l’assegnazione di risorse rientranti nella dotazione del Fondo per la finanza d’impresa. È stato altresì disposto un ulteriore incremento della dotazione del Fondo di garanzia, con corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

In particolare, con il comma 5 dell’articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 5/2009 è stato stabilito che, sino all’emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico sulle modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d’impresa (articolo 1, commi 847 e 848, della legge n. 296 del 2006), la dotazione del Fondo di garanzia per le PMI possa essere incrementata, con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, anche mediante l’assegnazione delle risorse rientranti nella dotazione del Fondo finanza d’impresa riguardanti la quota destinata alle imprese innovative (articolo 106 della legge n. 388 del 2000 – finanziaria 2001), gestita da Mediocredito Centrale sul conto di Tesoreria n. 23514, e delle risorse del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio (articolo 4, comma 106, della legge n. 350 del 2003 – finanziaria 2004), depositate sul conto corrente n. 22047 di Tesoreria Centrale, intestato all’Agenzia per l’attrazione degli investimenti e dello sviluppo d’impresa Spa (ex Sviluppo Italia Spa). Tali ultime risorse possono inoltre essere reintegrate con decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, a valere sulle eventuali disponibilità del Fondo di garanzia. Il successivo comma 6 ha trasferito al conto di tesoreria intestato al Fondo di garanzia le disponibilità dei conti di tesoreria accesi per gli interventi del Fondo finanza d’impresa e del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio. Inoltre il comma 8 ha incrementato la dotazione del Fondo di garanzia nella misura di 200 milioni di euro per il 2010, di 300 milioni per il 2011, nonché di ulteriori 500 milioni per il 2012, con corrispondente riduzione delle risorse relative al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

Si è prevista, inoltre, la possibilità di estendere gli interventi del Fondo di garanzia alle misure che consentano alle imprese la rinegoziazione dei debiti in essere con il sistema bancario e l’assolvimento degli obblighi tributari e contributivi.

Infine, in attesa della concreta operatività del Fondo per la finanza d’impresa sono state destinate, per il 2009, risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per non meno di 10 milioni di euro a favore delle imprese dei distretti produttivi del settore della concia, del tessile e del calzaturiero, in cui siano state realizzate opere di smaltimento o riciclo dei rifiuti o di riciclo e depurazione delle acque ad uso industriale.

Disposizioni volte a sostenere le PMI in difficoltà finanziaria sono contenute inoltre nel decreto-legge n. 78/2009 (convertito dalla legge n. 102/2009) che prevede una norma ponte per la moratoria dei debiti nei confronti delle banche. In particolare, il comma 3-quater dell’articolo 5 prevede la stipula di una convenzione tra il Ministro dell’economia e delle finanze e l’ABI diretta ad attenuare gli oneri finanziari a carico delle piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti. La convenzione dovrà essere stipulata entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. In attuazione di tale previsione, il 3 agosto 2009 il Ministro dell’economia e delle finanze, il Presidente dell’ABI e le Associazioni dei rappresentanti delle imprese hanno firmato un Avviso comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio con l’obiettivo di dare respiro finanziario alle imprese aventi adeguate prospettive economiche e in grado di provare la continuità aziendale. L’accordo prevede, in particolare, la possibilità di sospendere temporaneamente il pagamento della quota capitale delle rate o dei canoni relativi ad operazioni di mutuo o di leasing. È inoltre previsto l’allungamento a 270 giorni delle anticipazioni bancarie su crediti.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, l’ABI e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese firmatarie dell’Avviso comune si sono impegnate a definire un sistema di monitoraggio dell’andamento dell’iniziativa.

Il 23 dicembre 2009 è stata concordata un’integrazione all’Avviso comune tra il Ministero dell’economia e delle finanze, l’ABI e le altre rappresentanze d’impresa, in modo da prevedere l’estensione dell’ambito di applicazione dei benefici ai finanziamenti con contributo pubblico in conto interessi o in conto capitale, a condizione che:

la norma di incentivazione sia compresa nell’elenco predisposto e aggiornato dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base delle indicazioni dei soggetti concedenti le agevolazioni, che abbiano deliberato, con proprio atto vincolante, l’ammissione dei finanziamenti ai benefici della sospensione/allungamento dei pagamenti;

non debba essere modificato, per effetto dell’operazione di sospensione/allungamento, il piano originario di erogazione dei contributi pubblici.

Piano straordinario per l’efficienza e il risparmio energetico

La sopra citata legge n. 99/2009 ha introdotto inoltre misure a favore del risparmio e dell’efficienza energetica che interessano anche le piccole e medie imprese (articolo 27).

In particolare, il comma 9 ha previsto l’elaborazione, entro il 31 dicembre 2009, di un piano straordinario, da trasmettere alla Commissione europea, volto ad accelerare l’attuazione dei programmi per l’efficienza e il risparmio energetico.

Il suddetto piano conterrà, tra l’altro, misure volte a favorire le PMI e ad agevolarne l’accesso all’autoproduzione, con particolare riferimento alla microgenerazione distribuita, all’utilizzo delle migliori tecnologie per l’efficienza energetica e alla cogenerazione.

Internazionalizzazione delle imprese

Norme per promuovere la presenza delle imprese nazionali all’estero sono contenute nel decreto-legge n. 78/2009 e nella legge n. 99/2009, anche con specifico riferimento alle piccole e medie imprese.

Sistema «Export banca»

Il decreto-legge n. 78/2009 ha demandato ad una disciplina di rango secondario la definizione, a condizioni di mercato, di un nuovo sistema integrato di finanziamento e assicurazione – denominato «export banca» – volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’attivazione delle risorse finanziarie gestite dalla Cassa depositi e prestiti (CDP) Spa (articolo 8), nonché la fissazione delle modalità e dei criteri per consentire le operazioni di assicurazione del credito per le esportazioni da parte della SACE Spa anche in favore delle piccole e medie imprese nazionali.

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